SENZA NÉ MADRE NÉ TANA

 

 

Cresciuto senza né tana né madre,
il cucciolo ha sempre cercato calore
da mani talvolta sincere ed altre
mere illusioni, esche per trappole
degne di modernissime maghe Circi.

Impavido, ma forse solo in parvenza,
vagabondo, si è però sempre orientato
con la luce di femmine-stelle, che a lui
sembravano fari insperati nel caos …

Ora, il vecchio cagnaccio rognoso
non teme la morte – magari da esca
per inconsapevoli squali imprudenti –
bensì, per la primissima volta, inattesa,
una vita che non ha più un senso vero!

 
 

 

 

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SENZA NÉ MADRE NÉ TANA

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GRANDI ELETTORI, GRANDI CORNUTI!

 

 

Sul calendario, è ormai Carnevale, di nuovo;
ancora un anno è stato sprecato in vuoti
chiacchiericci dei politicanti più infami
e c’è ben poco da ridere, se non della nostra
infinita idiozia nell’avere lasciato in mani
incapaci, corrotte, infingarde, imbroglione,
vergognose, mendaci, bastarde, assassine
la Meraviglia per antonomasia che potrebbe
essere stato questo nostro e tutto fantastico
Bel Paese, che invece – cervo ferito nel fitto
del bosco – si dimena, con splendide corna
impigliate tra i rami e lui, sanguinante, che
(mentre giullari si atteggiano a eleggere papi)
ormai non aspetta che un solo miracolo:
pietoso, netto, liberatorio coup de grâce!

 

 

 

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GRANDI ELETTORI, GRANDI CORNUTI!

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ORFANO, MAI SENZA MADRE

 

 

A mia madre Corinna

 

Mia madre morì, io bambino.
Capii solo molto più tardi
che lei non mi aveva lasciato
da solo, abbandonato in balìa
di venti o di mani qualunque,
nel buio che già conoscevo,
in tetre foreste di nordiche storie.
Lei mi aveva lasciato un dono
immenso – una Madre – adottiva
forse, però, a differenza di lei
stessa, una creatura immortale:
Poesia, che tengono viva le Muse,
dolci, imprescindibili fonti di luce,
inestinguibili bàlie dell’Ispirazione!

 

 

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ORFANO, MAI SENZA MADRE

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ATTESI CATACLISMI E MANI PIETOSE

 

 

Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;

– Alessandro Manzoni

A Laura

 

Guarda, il Piave quest’oggi è di nuovo
color caffelatte, con tocco di muffa,
e quest’autostrada, che porta di corsa
verso radiografie del torace, urgenti,
ormai la conosco davvero a memoria!

Sai, amavo guidare, ma ora è una noia
percorrere tanti chilometri senza capire
bene dove sto andando… o dove dovrei.
Mai mai come ora mi ero sentito, mai,
come se la vita più non mi appartenesse;
mai prima d’oggi avevo mai percepito
sensazioni di deriva, abbandono, apatia.

Eppure è già maggio: acacia e sambuco
– li vedi? – presenti all’appello, ma vorrei
solo mancare io stesso all’appello, tra poco.
Più brava, la Terra anche quest’anno rinasce
e avrei anch’io tanto bisogno di rinascita,
ma forse, per rinascere, prima bisogna morire?

Improbabile giglio, tutto giallo, tra l’erba spicca;
e vigneti a perdita d’occhio, ormai già vestiti
di uniformi livree di un bel tenero verde, gioioso.
Lentissimo traffico dà spazio alla meditazione,
mentre tituba l’ennesimo scroscio del giorno.

Contadina bestemmia: niente fieno, quest’oggi,
e l’erba tagliata, delusa, rimane distesa sul prato,
in attesa di quel temporale, che arriva tra poco,
tempesta di vita, che anch’io attendo, trepido …

Ma forse sei tu quell’angelo tenero, impavido,
mandato da divinità a me ormai sconosciute,
che mi prende per mano e mi porta alla luce,
in arie più respirabili – fossero anche di esìli!

 

 

 

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ATTESI CATACLISMI E MANI PIETOSE

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da cui nasce questa poesia …

 

 

 

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FIGLIO DI UN CANE

 

 

“Non so quante ne ho amate, / non so quante ne ho avute,
per colpa o per destino / le donne le ho perdute…”

Francesco Guccini

 

Dedicata a me stesso

 

Ho avuto tre madri.
Una alla volta, purtroppo,
a turno, tutte e tre
mi hanno lasciato,
cucciolo in autostrada;

 

da grande, un Chisciotte,
delirante poetucolo
tra i biechi, fumosi
mulini a motore,
mostri ruggenti
assetati di sangue.

 

Eppure resisto, io sì,
sono qua e perfino
il Pizzocco, maledetta
montagna d’infanzia,
è crollato prima di me!

 

Il problema è un altro:
io le adoro, eppure …
le donne le lascio.
O a volte sono loro
che lasciano me –
nuove madri spietate.

 

Ma io ormai le conosco –
le autostrade – e, vecchio
cagnaccio randagio,
un pezzo di pane,
bene o male, lo trovo.
E un caldo giaciglio.

 

Talvolta, perfino carezze!

 

 

 

* LINK * Il testo di Cirano, di Guccini:

 

http://www.canzoni-mp3.net/f/francesco_guccini/canzoni/testo_cirano.htm

 

Da “I Versi dell’Airone”
di Guido Comin PoetaMatusèl
© 2014 Albalibri Editore

 

 

 

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