Voi le ricordate le stagioni? Quando, ai bei tempi,
dipinti di Natura scandivano il passare della Vita?
L’autunno era il ritorno, indesiderato, nella scuola,
però ci consolavano gustosissime, grandi castagnate,
e le pannocchie, arrostite sulla brace, e traversate
di provvisori laghi nella pioggia, con gli stivali pieni.
L’inverno era la gioia della neve, slittini e ‘musse’, *
palle e pupazzi ilari, da salutare prima di dormire;
la trepida attesa del Natale, il muschio del presepe;
grandi silenzi fatti di ovatta, e geloni a mani e piedi.
La primavera era, innanzitutto, la grande gioia di
non dovere più indossare dannate maglie di lana
che mordevano la nostra pelle delicata di bambini;
ma anche il verde tenero, che rispuntava ovunque.
E poi l’estate, di nuovo, finalmente, stagione di
cento folli giochi inventati con poco, quasi nulla:
corse ciclistiche coi tappi corona in cima ai muri,
caccia alle miti nottole, per poi lasciarle andare.
Oggi, senza stagioni, l’Uomo disorientato non sa
più cosa-dove-come-quando fare quello che deve,
o che dovrebbe fare, e vaga sulla faccia della Terra,
pellegrino senza scopo di cammino, né meta, né Dio!
* Grandi slitte, trainate a mano, per trasportare legna, fieno, etc.
PoetaMatusèl legge
L’UOMO ERA PER TUTTE LE STAGIONI
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Mi mancano le stagioni di una volta, quando si poteva più o meno prevedere che cosa avrebbe fatto il tempo il mese prossimo e avevamo la grande gioia dell’anticipazione delle nostre stagioni preferite, di cui attendevamo il ritorno ogni anno!